Romance - Il forum dei Romanzi Rosa

Ultimo film visto, Al cinema, in dvd o in TV

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view post Posted on 4/1/2024, 07:24
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Visto Thanksgiving

Tra gli horror ambientati nel periodo delle festività in generale, mancava una pellicola dedicata al "Giorno del Ringraziamento": uno che sicuramente ha tutte le carte in regola per colmare la lacuna è Eli Roth, che con questo film dimostra tutta la sua passione per il genere e una completa padronanza dei mezzi per realizzarlo.

Tratto dall'omonimo finto trailer che si vedeva in Grindhouse di Tarantino ( e, contando i due "Machete" di Rodriguez e il mai distribuito in Italia Hobo with a Shotgun siamo a quota quattro), il film sfrutta quella contrapposizione tra valori della festa e società consumistica: Roth crea un horror che abbraccia vari suoi sottogeneri come lo "school movie" e il "teen movie", optando per la tipologia slasher quanto alla forma. Questa, va sottolineato, è particolarmente adatta poichè la crudeltà delle uccisioni coi corpi fatti a pezzi nei modi più bizzarri e ai limiti del cartone animato (e Roth è maestro di originalità in tal senso) rappresenta una metafora catartica del voler distruggere proprio quella società consumistica oggetto di critica.

Non è un caso, quindi, che la trama ruoti intorno alla contrapposizione tra valori della festa, particolarmente sentiti nella Plymouth dello stesso regista, e la follia caotica del Black Friday che scatta alla mezzanotte di quel giorno stesso. Da uno che ha al suo attivo anche una serie tv documentaristica sul genere horror, ci si aspetta la completa padronanza dei mezzi: e nel film ci sono infatti sia una maschera iconica che non può che rimandare al John Carver padre pellegrino partito dal Regno Unito con la Mayflower, sia il solito gioco ad indovina chi è l'assassino (non impossibile da individuare per i più attenti ed esperti). Le uccisioni brutali ai limiti del possibile, con la finalità di intavolare una macabra cena del Ringraziamento, sono allo stesso tempo anche buffe proprio per la loro assurdità. Tanti personaggi appaiono un po' bidimensionali con relativa interpretazione così così da parte del cast: ma è un qualcosa di voluto affinchè gran parte di essi rappresentino carne da macello per il killer senza che lo spettatore ci si affezioni troppo.

Post credits scene più che altro per strappare una risata di alleggerimento dopo tanto "orrore" e non quindi un qualcosa che riguardi il futuro: ma potrebbe essere cmq nato un nuovo franchise horror.
:05:
 
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view post Posted on 25/1/2024, 15:48
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Visto Napoleon

Prodotto dalla Apple (che quindi si preoccupa relativamente degli incassi in sala visto che si tratta pur sempre di un investimento a lungo termine destinato alla piattaforma streaming), il film che porta la regia di Ridley Scott e la sceneggiatura di David Scarpa (già suo collaboratore) è una sorta di biopic sulla figura di Napoleone Bonaparte che pare fosse uno degli ultimi progetti incompiuti di Kubrick.

In realtà, a visione avvenuta, la classificazione che sembra meglio adattarsi alla pellicola è quella di kolossal vero e proprio: nonostante le 2h e 40' di durata, non sembra che il film riesca davvero a esplorare in pieno la figura del protagonista come in genere fa un biopic a tutti gli effetti.

Lo scopo del film è piuttosto evidente: esplorare tanto la figura del Napoleone geniale condottiero in guerra, quanto l'uomo "privato" e provato da insicurezze e debolezze soprattutto a causa della tormentata storia d'amore con la prima moglie Giuseppina. Ne viene fuori la figura di un uomo tanto abile come stratega quanto insicuro come un bambino capriccioso nei rapporti umani, sia con la moglie sia in quelli diplomatici. Volutamente non agiografico, c'è quasi una messa in ridicolo del protagonista in determinate situazioni che, leggendo tra le righe, vuole essere la critica del film al concetto di potere. Ma, proprio nell'ambito privato, la sensazione predominante è quella di "incompiuto". C'è da tener presente che esiste una versione "director's cut" della durata di 4h destinata alla piattaforma: probabilmente il tanto materiale in più avrebbe consentito di dare maggior spessore proprio alla sfera privata del protagonista che manca appunto di sfumature essenziali, più che di spazio all'interno della narrazione. Scott infatti alterna gli eventi storici a quelli privati in egual misura, ma il montaggio scelto per la versione in sala restituisce un "cut" che a volte sembra ingabbiare le varie sequenze in compartimenti stagni poco legati fra di loro.

Al netto degli errori storici e relative polemiche, così come sembra che Scott fosse più interessato alla figura del personaggio in sè che all'accuratezza della veridicità storica, è nelle scene corali e di battaglia che il regista mostra tutta la magnificenza cui ci ha abituati. La collaborazione con Joaquin Phoenix non può che rimandare a Il gladiatore, e Scott cura la messa in scena delle sequenze di guerra in modo particolare, regalandone alcune destinate ad essere ammirate nel tempo (tipo quella sul lago ghiacciato): a volte indugia sul dettaglio crudo, altre volte ne fa a meno. Un qualcosa di cui non si compiace mai: il film sottolinea in modo evidente il costo delle vittorie di Napoleone in termini di vite umane.

Ottimo il cast, dove Joaquin Phoenix è bravo a destreggiarsi tra le non facili diverse sfumature date al personaggio. Notevole anche Vanessa Kirby che sfrutta al meglio la centralità della sua Giuseppina, più volte vero "motore" delle storia.
:05:
 
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view post Posted on 26/1/2024, 14:05
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Lost in Game of Thrones

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CITAZIONE (VINS® @ 25/1/2024, 15:48) 
Visto Napoleon

Prodotto dalla Apple (che quindi si preoccupa relativamente degli incassi in sala visto che si tratta pur sempre di un investimento a lungo termine destinato alla piattaforma streaming), il film che porta la regia di Ridley Scott e la sceneggiatura di David Scarpa (già suo collaboratore) è una sorta di biopic sulla figura di Napoleone Bonaparte che pare fosse uno degli ultimi progetti incompiuti di Kubrick.

In realtà, a visione avvenuta, la classificazione che sembra meglio adattarsi alla pellicola è quella di kolossal vero e proprio: nonostante le 2h e 40' di durata, non sembra che il film riesca davvero a esplorare in pieno la figura del protagonista come in genere fa un biopic a tutti gli effetti.

Lo scopo del film è piuttosto evidente: esplorare tanto la figura del Napoleone geniale condottiero in guerra, quanto l'uomo "privato" e provato da insicurezze e debolezze soprattutto a causa della tormentata storia d'amore con la prima moglie Giuseppina. Ne viene fuori la figura di un uomo tanto abile come stratega quanto insicuro come un bambino capriccioso nei rapporti umani, sia con la moglie sia in quelli diplomatici. Volutamente non agiografico, c'è quasi una messa in ridicolo del protagonista in determinate situazioni che, leggendo tra le righe, vuole essere la critica del film al concetto di potere. Ma, proprio nell'ambito privato, la sensazione predominante è quella di "incompiuto". C'è da tener presente che esiste una versione "director's cut" della durata di 4h destinata alla piattaforma: probabilmente il tanto materiale in più avrebbe consentito di dare maggior spessore proprio alla sfera privata del protagonista che manca appunto di sfumature essenziali, più che di spazio all'interno della narrazione. Scott infatti alterna gli eventi storici a quelli privati in egual misura, ma il montaggio scelto per la versione in sala restituisce un "cut" che a volte sembra ingabbiare le varie sequenze in compartimenti stagni poco legati fra di loro.

Al netto degli errori storici e relative polemiche, così come sembra che Scott fosse più interessato alla figura del personaggio in sè che all'accuratezza della veridicità storica, è nelle scene corali e di battaglia che il regista mostra tutta la magnificenza cui ci ha abituati. La collaborazione con Joaquin Phoenix non può che rimandare a Il gladiatore, e Scott cura la messa in scena delle sequenze di guerra in modo particolare, regalandone alcune destinate ad essere ammirate nel tempo (tipo quella sul lago ghiacciato): a volte indugia sul dettaglio crudo, altre volte ne fa a meno. Un qualcosa di cui non si compiace mai: il film sottolinea in modo evidente il costo delle vittorie di Napoleone in termini di vite umane.

Ottimo il cast, dove Joaquin Phoenix è bravo a destreggiarsi tra le non facili diverse sfumature date al personaggio. Notevole anche Vanessa Kirby che sfrutta al meglio la centralità della sua Giuseppina, più volte vero "motore" delle storia.
:05:

Visto anche io. La parte storica e delle battaglie, al netto delle imprecisioni, è molto spettacolare , devo dire che esci dal cinema soddisfatta da quel punto di vista. La parte personale molto incentrata sull'amore ossessivo per Giuseppina, ma alla fine è un po' scollata dal resto. Concordo con Vins che non è un biopic, mancano tante cose della vita di Napoleone.
 
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view post Posted on 31/1/2024, 16:07
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Visto C'è ancora domani

Diretto e interpretato da Paola Cortellesi, al suo debutto dietro la macchina da presa, il film ha avuto un'eccezionale risonanza mediatica e, grazie al passaparola, ha battuto vari record di incasso.

La Cortellesi aveva già dimostrato nel monologo ai David di Donatello del 2020 una particolare sensibilità al tema femminista, esponendo l'esempio del diverso significato dei termini declinati al maschile o al femminile. Qui si occupa dei vari aspetti della questione femminista, dalla violenza domestica, passando per la disparità di trattamento sul posto di lavoro, per finire con l'emancipazione anche attraverso...un qualcosa che preferisco non svelare perchè, trama parallela per tutto il film, si svela poi solo nel finale. Lo fa con un piede nel passato, ambientando la vicenda nel dopoguerra e optando per il bianco e nero della sua pellicola, ma restando sempre ancorata al presente. Se dunque è lecito scorgere lampi di neorealismo, il cambio di tono che passa spesso e volentieri alla commedia (in fondo background dell'attrice) non è solo un modo per raccontare con originalità, ma sembra seguire l'idea che anche i temi scomodi restino più impressi se affrontati con la sottile lama dell'ironia. Non a caso, sono proprio le sequenze più dure quelle cui la regista decide di dare una veste del tutto originale nella maggior parte dei casi: si può discutere sull'artificiosità della scelta e la relativa accusa di "paraculata" ma, se il fine era quello di lasciare impresso il momento e il suo messaggio, possiamo dire che l'obiettivo è centrato.

Verrebbe da dire che il film affronta insomma temi di stretta attualità (nel momento in cui scrivo il Paese è scosso dall'ennesimo femminicidio), ma la triste realtà è che questa frase sarebbe stata adatta in praticamente tutti i momenti del nostro passato: sarebbe bello che un giorno qualcuno leggendo queste righe pensasse "meno male che non è più così". Il messaggio è evidente anche nel film dove, la colonna sonora che mescola canzoni del presente con altre moderne, serve proprio a sottolineare come purtroppo il problema sia ancorato alla storia. Inoltre la scelta di alcune di queste canzoni dà al film anche una vena quasi "pop" che ricorda un po' quello che aveva fatto la Coppola con Marie Antoinette o la colonna sonora anacronistica de Il destino di un cavaliere con il compianto Heat Ledger.

One-woman show incentrato sulla protagonista per la maggior parte del tempo, il film si fregia però anche di diverse interpretazioni di alto livello: spicca forse quella di Mastandrea, così lontano dall'idea di uomo che il suo essere sembra suggerire e quindi per questo forse ancora più bravo ad incarnare il ruolo.

La sceneggiatura scritta coi collaboratori fidati di sempre, già a lavoro col marito della Cortellesi, regala una storia che fa riflettere e che incuriosisce fino alla fine nascondendo un epilogo che quindi arriva un po' a sorpresa, al posto della conclusione ben più banale che sembrava suggerire.
:05:
 
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view post Posted on 7/2/2024, 09:09
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Visto Diabolik - Chi sei?

Adattamento del 107° albo dell'omonimo fumetto delle sorelle Giussani, è il terzo e conclusivo capitolo della trilogia iniziata dai Manetti Bros nel 2021.

Mentre ancora si discute se il progetto avrebbe funzionato meglio come serie tv per Sky, essendo nato così come idea, i Manetti non si curano molto delle critiche e proseguono con coerenza con la loro idea che è stata caratterizzata dalla estrema fedeltà alle atmosfere del fumetto (per quanto anacronistiche) ma che prevedeva anche una sorta di sviluppo/evoluzione del taglio. Se dunque i dialoghi restano sempre volutamente sopra le righe e alcune situazioni continuano a essere ai limiti dell'ingenuità, l'ambientazione questa volta passa dagli anni '60 ai '70 e la trama si fa parzialmente diversa rispetto ai precedenti.

Arrivati al terzo capitolo, i Manetti affrontano infatti l'origin story del personaggio: per farlo adottano anche stilisticamente un qualcosa di diverso, optando per un bianco e nero che ricorda un po' Sin City. La storia delle origini di Diabolik in sè, invece, sembra vagamente ispirata a "Il conte di Montecristo" e dà sicuramente al personaggio una sfumatura più profonda rispetto a quella fredda e glaciale cui si era abituati.

Ottima la resa dell'ambientazione grazie ad una particolare cura per ambienti, oggetti e scenografie in generale: con la colonna sonora altrettanto evocativa, i Manetti hanno gioco facile poichè tipica di tanti loro lavori (alcuni inseguimenti ricordano i film per la tv de L'ispettore Coliandro). In perfetto stile fumettistico anche la messa in scena, con lo schermo che spesso e volentieri si divide in più parti proprio come se stessimo guardando delle vignette (lo aveva fatto a suo tempo anche Ang Lee col primo Hulk).

Cast difficilmente giudicabile: al netto del talento di ognuno (su Mastandrea direi che ci sono pochi dubbi), la recitazione quasi da sceneggiato tv anni '60 voluta dai Manetti non rende possibile esprimere un vero giudizio sulle varie perfomance.
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view post Posted on 16/2/2024, 16:33
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Visto Adagio

Si chiude con questo film quella che potremmo definire la trilogia di Sollima sulla Roma criminale, iniziata con la serie tv "Romanzo Criminale" e proseguita poi sul grande schermo con Suburra nel 2015.

Regista nonchè co-sceneggiatore, Sollima opta per un film sempre corale ma che questa volta predilige un ritmo molto più lento, limitando l'azione che invece ha contraddistinto i precedenti lavori al minimo indispensabile. il titolo diventa così simbolico tanto della forma quanto dei contenuti: è infatti una storia che vede i suoi protagonisti ormai vicini al tramonto delle loro esistenze. La stessa Roma assume toni a metà tra il crepuscolare e il distopico: incendi ai suoi confini che sembrano ghermirla per un destino ineluttabile (la fuga degli uccelli e il blocco del traffico sono elementi che sottolineano il taglio apocalittico).

All'interno di questa atmosfera che odora di sconfitta un po' per tutti, i protagonisti sono al solito caratterizzati con pennellate che sfiorano i confini del fumetto (indicativi in tal senso i soprannomi con cui sono noti: Daytona, Pol Nìuman e Cammello): questa volta siamo di fronte a cani randagi di periferia che nonostante tutto vanno avanti in base ai propri valori e ai propri legami ancorchè ormai tenui e sbiaditi. Un codice d'onore criminale che ormai fa parte del loro dna.

Le interpretazioni di Favino, Mastandrea e Servillo hanno gioco facile nello sfruttare i ruoli così caratterizzati e questo, insieme alla cura formale che anche in questo caso contraddistingue il lavoro di Sollima, confeziona un altro film del regista facilmente riconoscibile e che lascia senz'altro il segno nonostante risulti, alla fine dei conti, forse meno coinvolgente ed emozionante rispetto ad altri suoi lavori.
:05:
 
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view post Posted on 21/2/2024, 10:16
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Visto Ferrari

Progetto cullato per anni dal regista Michael Mann e tratto alla fine dalla biografia di Enzo Ferrari scritta da Brock Yates, il film non è un biopic secondo i rigidi canoni del genere ma si concentra su un anno preciso, il 1957: segna una crisi personale e professionale nonchè una svolta in entrambi gli ambiti.

Mann si avvicina con garbo alla vicenda familiare, non solo per la crisi coniugale ma anche e soprattutto per il lutto dopo la morte del figlio piccolo subito poco prima; anche la rivelazione di quella che è a tutti gli effetti una seconda famiglia insieme all'amante, vede un taglio non scandalistico e che si premura di analizzare le ramificazioni all'interno della vita dei protagonisti.

Dal punto di vista professionale, Mann è più deciso nel mostrare al mondo il genio futuristico del protagonista nonchè il suo animo votato alla sfida delle corse per quello che rimane e rimarrà pur sempre un pilota. Ma la Mille Miglia, con come unica possibilità una vittoria che ridia lustro al marchio e apra le porte di una possibile soluzione ai problemi finanziari, diventa in realtà simbolica di una salvezza generale della famiglia Ferrari.

Se dal lato umano Mann predilige primi piani continui che vadano a scandagliare l'animo dei protagonisti all'interno delle loro emozioni, per quanto riguarda il lato tecnico legato soprattutto alla corsa, predilige l'uso di un po' tutte le tecnologie disponibili. Tra punti macchina, camera car e riprese aeree, la resa delle corse d'epoca in una fase pioneristica è forse uno degli aspetti più riusciti del film, con sequenze anche un po' "sporche" che appassionano.

Cast importante che, al netto delle polemiche sulla nazionalità degli attori, ben si destreggia all'interno delle diverse fasi della storia. Ottima anche la resa generale dell'Italia di provincia negli anni '50.
:05:
 
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view post Posted on 22/2/2024, 18:03
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Eccomi, come al mio solito invece io faccio un breve riassunto delle cose viste recentemente:
ho visto Le avventure del piccolo Nicolas , che mi è piaciuto moltissimo.
È un film di animazione ispirato da un personaggio umoristico della letteratura per ragazzi francese, tradotto anche da noi dagli anni settanta e ancora ristampato.
Io gli sono particolarmente affezionata perché lo leggevo da bambina.

Dalle storie sono stati tratti anche due divertenti film con attori ("Il piccolo Nicolas e i suoi genitori" e "Le vacanze del piccolo Nicolas").
Il film racconta sia il processo creativo sia parte della biografia dei suoi creatori, Jacques Sempè e Renè Goscinny, e anche alcune storie dai libri.
L'animazione è bellissima, colorata come un acquerello, delicata, commovente e divertente, ve lo consiglio tantissimo.

Domenica invece ho visto Past Lives , bello anche questo.
Ha forse qualche silenzio e sottinteso di troppo, e magari i personaggi meritavano anche un po' più di approfondimento con dei dialoghi mirati, però è comunque efficace, non è mai noioso ed è una bella storia d'amore...o forse anche di non amore. Gli attori sono bravi e tutta la confezione tecnica è ben fatta.

Ma soprattutto se non lo avete visto andate a vedere Perfect days perché è veramente un capolavoro, uno dei film più soddisfacenti, più commoventi e che più fa riflettere sulla vita che si sia visto da un sacco di tempo.
Senza contare che tecnicamente è un magnifico da ogni punto di vista: montaggio, fotografia, colonna sonora, scrittura, recitazione.
Andatelo a vedere, credo che ne uscirete contenti, è un pezzo di vita che resta dentro: non vuole convincervi a vivere come il protagonista, vuole solo raccontarvi come lui ha scelto di vivere la sua vita felice, e poi ognuno è libero di trovare la propria via.
Si capisce che mi è piaciuto? :10:

Devo recuperare Asteroid city (anche se Anderson comincia a stufarmi) e anche The equalizer 3, mentre di Barbie non sono proprio convinta...

Invece sull'ultimo Hunger games che ho visto anche io, sono d'accordo con voi, e aggiungo che è davvero una occasione sprecata, il personaggio poteva essere raccontato meglio mentre viene appiattito negli sterotipi tagliati con l'accetta, e anche il rapporto con Lucy mi è sembrato costruito in modo frettoloso. La trama è scombinata, è troppo lungo, ci sono troppi cambi di genere e le canzoni non erano assolutamente necessarie, salvo per giustificare di aver preso l' attrice canterina... :02:
 
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view post Posted on 28/2/2024, 09:18
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Visto Wonka

Terzo film in live action dedicato al personaggio creato dalla penna di Roald Dahl, con la regia di Paul King (molto apprezzato per i suoi "Paddington"), autore anche del soggetto e della sceneggiatura, la pellicola predilige un taglio alla Dickens nei contenuti e vicino alla Disney di Mary Poppins quanto alla forma.

Prima di tutto si ignora totalmente il remake di Tim Burton: non c'è traccia di un'infanzia difficile a causa del severo padre dentista, ma si predilige invece la figura materna persa troppo presto ma non senza prima aver trasmesso al figlio il valore di credere e inseguire i propri sogni. In secondo luogo, gli aspetti più contraddittori del personaggio, bipolare, a tratti inquietante, ricco anche di oscurità che caratterizzavano il Gene Wilder del film del 1971 qui non sono ancora presenti: si lascia spazio ad una versione innocente e pura con la faccia pulitissima di Timothee Chalamet.

Sebbene non si possa parlare di un musical a tutti gli effetti, l'intento del feel good movie da periodo natalizio è piuttosto evidente e la direzione è quella dei film alla Mary Poppins sfruttando anche il talento del protagonista tanto per il canto quanto per il ballo (pare che gli autori avessero apprezzato queste qualità grazie a filmati di repertorio dell'attore presenti su YouTube).

I film presenta dei difetti, con non tutte le canzoni che restano memorabili e il ritmo che, in una trama alla Oliver Twist, cala un po' nella parte centrale: ma il cast di un certo livello ben supporta il protagonista e resta motivo di interesse per tutta la durata. Tra Olivia Colman cattiva e scanzonata e il redivivo e sempre espressivo Rowan "Mr. Bean" Atkinson, menzione speciale per l'Oompa Lumpa di Hugh Grant che, al netto delle sue dichiarazioni negative sul ruolo, regala un personaggio caricaturale molto diverso dagli originali aiutanti del mago della cioccolata ma che lascia lo stesso il segno.

Tutti ingredienti per quello che potrebbe diventare un nuovo classico delle feste.
:05:
 
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view post Posted on 28/2/2024, 17:31
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Visto Anatomia di una caduta.

Incuriosita dalla vittoria a Cannes e dalle nomine pesantissime agli Oscar, appena possibile ho cercato di vedere questo film. Devo dire che gli elogi sono sicuramente meritati, è un film che pur raccontando una storia thriller "banale", ti tiene incollato allo schermo per scrittura, e prove attoriali, e in effetti tifo che vinca nelle sceneggiature originali agli Oscar, e la Huller meriterebbe anche lei la statuetta come migliore attrice, la preferisco anche alla Lily Gladstone del film di Scorsese: la sua è una prova molto naturale, realistica, sentita e profonda. Il film è un film di sceneggiatura, e quindi capisco meno la nomina alla regia, che io ho trovato a tratti irritante.
 
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view post Posted on 6/3/2024, 09:46
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Visto Perfect Days

Per l'origine di quello che un po' tutta la critica sta definendo se non il miglior film di Wim Wenders di certo uno all'altezza dei suoi passati capolavori, bisogna risalire al 1983 quando il regista girò in Giappone Tokyo Ga (Immagini di Tokio). Questo era un omaggio all'amato regista Yasujiro Ozu e, a distanza di anni, anche quest'ultimo lavoro ha molto a che fare con l'opera di Ozu.

Fin dal nome del protagonista l'omaggio si ripete, ed è su questo personaggio che Wenders basa tutto il suo film, al punto da poterlo definire in pratica un one man show. Wenders, autore anche della sceneggiatura insieme a Takasaki Takuma, racconta la routine di quest'uomo scandita sempre dalle stesse azioni e dagli stessi momenti, giorno dopo giorno, ma dalla quale l'uomo sembra attingere una serenità che si indentifica nella filosofia molto orientale del cogliere il valore delle piccole cose e del vivere in pieno il momento. Del resto gli incontri o gli eventi che di tanto in tanto vanno ad alterare questa routine, sembrano essere accolti anch'essi con una certa serafica rassegnazione, ma senza che ciò si identifichi con un'accezione negativa.

Sebbene attraverso vari momenti venga svelato qualcosa in più sul protagonista e si intraveda un passato probabilmente segnato da qualche tipo di dolore, Wenders non svela più di tanto: la sua sembra una precisa volontà di indentificarsi col concetto del "qui e adesso", preferendo quindi far vivere allo spettatore le emozioni del protagonista, soprattutto il valore del momento, senza indugiare in superflui "spiegoni". Anzi, proprio quel passato che nasconde un qualche tipo di oscurità diventa terreno anch'esso per una riflessione simbolica tutta orientale sulle ombre e il loro essere più scure o no se sovrapposte.

Dalla sua, Wenders ha anche una strepitosa performance del protagonista che davvero con le sole espressioni del viso riesce a trasmettere le emozioni del suo personaggio (basti vedere il primo piano finale già diventato una scena da antologia dell'interpretazione). E dove sembra non bastare il protagonista, subentra la musica, con una colonna sonora strepitosa quasi tutta rock anni '70 dove non a caso la fanno da padrone brani come "Perfect day" di Lou Reed o Nina Simone: e nel finale, i versi della sua canzone, "...it's a new day and i'm feeling good", sembrano davvero sottolineare ancora una volta il significato del film.
:05:
 
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view post Posted on 13/3/2024, 09:29
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Visto I tre moschettieri - Milady

Sequel de I tre moschettieri - D'Artagnan, diretto sempre da Bourboulon ( e girato come si dice, back-to-back ovvero in contemporanea a quello), il film chiude questo "dittico" al alto budget ma spalanca le porte a quello che in Francia ormai chiamano il Dumas Cinematic Universe. Se per quanto riguarda il grande schermo è già in cantiere un film tratto da "Il Conte di Montecristo" che vedrà coinvolto anche il nostro Pierfrancesco Favino, diretti spin-off di questo film saranno invece due serie tv.

Coscientemente o no, questa aspirazione sembra condizionare un po' il taglio del film che assume, a tratti, i contorni di una Serie: a partire dal recap iniziale, per giungere alla conclusione che, con un climax stile "finale di Stagione", lascia ampie possibilità di un prosieguo. Nel mezzo, alcuni personaggi non vengono ben approfonditi, nonostante destino una certa curiosità e interesse. Come se vi fosse spazio successivamente per un una trattazione più ampia.

Nonostante sia destinata a essere la protagonista di una delle due serie di cui sopra, come fa chiaramente intendere il sottotitolo del film, ovviamente la superficialità non è il caso di Milady: la serie spin-off dovrebbe essere un prequel, origin story del personaggio, ma già qui viene approfondito soprattutto a livello di motivazioni. Il destino della stessa ( e quello di Constance), sono le due maggiori libertà che il film si prende in merito al testo di Dumas e di cui già si era preso nota col film precedente.

A proposito del primo film, questo sequel mantiene la dinamicità lì riscontrata che anzi subisce un'ulteriore accelerata visto lo scoppio della guerra i cui prodromi erano lì presenti. Molto classico nella messa in scena stile film cappa e spada, non si rinuncia a qualche virtuosismo che non sempre risulta valore aggiunto: molti duelli vengono ripresi con l'utilizzo della camera a mano e di piani sequenza, trasmettendo sicuramente adrenalina ma non riuscendo però a far risaltare bene la cura per le coreografie nei movimenti ( a tratti c'è il classico effetto "mal di mare").

Diversamente dal primo film, invece, in questo sono i momenti di pathos e più "intimi" quelli che sembrano meglio riusciti: del resto è un film che, dalle preoccupazioni del giovane D'Artagnan per l'amata Constance, passando per i tormenti di Athos e della stessa Milady, lascia ampio spazio all'emotività. Tra continui viaggi, inseguimenti e duelli, ad alleggerire il tutto ci sono i momenti dedicati a Porthos.

Della più ricercata emotività beneficia il cast di alto livello, scelta precisa della produzione: tutti sembrano a fuoco nei loro ruoli ma la menzione speciale va ai più noti Vincent Cassel, Louis Garrel e soprattutto Eva Green, particolarmente brava nell'incarnare le diverse sfumature del suo personaggio.

Ultima curiosità: la seconda serie spin-off annunciata dovrebbe riguardare il primo moschettiere di colore, realmente esistito, che qui fa giusto una comparsata ed è uno di quei personaggi poco approfonditi di cui si diceva prima.
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view post Posted on 20/3/2024, 09:29
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Visto Madame Web

Basato sull'omonimo personaggio dei fumetti Marvel, è il quarto film del cosiddetto Sony's Spider-Man Universe: dopo i due dedicati a Venom e quello su Morbius ( e in attesa dell'uscita di Kraven - Il cacciatore rinviata ad agosto), è di fatto la origin story del personaggio e segue, in modi differenziati, il solco tracciato dai precedenti.

L'accusa che in un primo momento era stata mossa ai film su Venom, il poco spessore e l'eccessiva leggerezza, è diventata successivamente forse la miglior strada percorribile per non prendersi troppo sul serio e differenziarsi così nell'ambito di altri cinecomics. Con Morbius, invece, il film purtroppo condivide il probabile destino fallimentare (al momento in cui scrivo si profila un altro flop commerciale e anche i giudizi di critica e pubblico sono piuttosto negativi).

Il progetto generale, sulla carta, è interessante: la sua ambientazione retrodatata agli anni 2000 (buona la resa del periodo grazie soprattutto alle scelte della colonna sonora), permette di introdurre vari elementi che fanno pensare alla voglia di costruire un universo narrativo piuttosto complesso e ramificato. Non sfugge la presenza di un giovane paramedico di nome Ben Parker, mentre probabilmente solo i fan dei fumetti sentiranno suonare un campanello al nome di Ezekiel Sims (co-protagonista di un lungo e apprezzato arco narrativo del Ragno in quella che viene chiamata la "saga totemica").

La presenza di Dakota Johnson nel ruolo principale non aggiunge purtroppo granchè al valore del film, mentre forse funzionano meglio le co-protagoniste: rispettando in modo politicamente corretto le quote etniche, il loro background costituito da serie televisive aiuta a venire incontro alle esigenze di immedesimazione degli spettatori più giovani. Gli scambi di battute tra loro e con la mentore, seguono tuttavia percorsi prevedibili senza approfondire altri aspetti.

Se, sempre dal punto di vista dei contenuti, alcuni intrecci sembrano troppo forzati, meglio non va dal un punto di vista tecnico: anche co-sceneggiatrice, la regia dell'esordiente S. J. Clarkson lascia a desiderare soprattutto per un montaggio che sfrutta male, quasi ai limiti della incomprensione, il meccanismo del deja-vu alla Ricomincio da capo.

Nessuna scena bonus durante o dopo i titoli di coda: la spiegazione è stata quella di un qualcosa di non voluto per differenziarsi per forza da altri cinecomics, ma derivato semplicemente dal pensiero di aver detto tutto col finale del film. La sensazione è però anche quella che magari possa aver pesato una generale incertezza sul futuro del franchise che, visti i risultati attuali, pare destinato a fermarsi qui.
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Visto La zona d'interesse

Tratto dal romanzo di Martin Amis, scritto e diretto da Jonathan Glazer, il film vincitore del Grand Prix della Giuria quest'anno a Cannes è, al momento in cui scrivo, anche in corsa agli Oscar in varie categorie.

Al netto del tema politicamente corretto ma non per questo meno valido sulla necessità di un altro film sull'Olocausto, la risposta che l'autore sembra suggerire non è quella scontata del bisogno di ricordare per non dimenticare (soprattutto in tempi in cui l'antisemitismo è tutt'altro che scomparso): l'originalità del taglio scelto ne fa non soltanto un qualcosa che racconta l'orrore in modo diverso, ma pone probabilmente il lavoro di Glazer tra quelli più riusciti sul tema.

Indicativi i primi tre minuti del film, tanto per la forma quanto per i contenuti: uno schermo nero con in sottofondo urla, spari e boati che possiamo solo sentire attraverso un crudo e opprimente sonoro (caratteristica ricorrente in tutto il film). Il messaggio è piuttosto chiaro nel suo simbolismo: l'orrore non verrà mai mostrato ma solo percepito, tanto dai protagonisti del film, quanto dallo spettatore (con reazioni probabilmente opposte tra i primi che non ne sono toccati e i secondi che ricevono il classico metaforico pugno nello stomaco). La chiave di lettura può essere duplice, senza che le due si escludano a vicenda: da un lato l'impotenza e la frustrazione di non poter mostrare quello che non si può nemmeno spiegare; dall'altro l'accusa valida ieri come oggi a tanti che non vogliono vedere.

Quel che viene mostrato invece, è la vita quotidiana della famiglia del comandante nazista a capo del vicino campo di concentramento di Auschwitz: la tranquillità della routine fa da contrasto evidente con la tragedia che si consuma a pochi passi. Qui, come in tutto il film, la forma è originale e, a mio modo di vedere, anche significativa in quanto strumentale alla storia stessa.

Se infatti il nero iniziale viene sostituito ad un certo punto da un rosso acceso con in sottofondo i chiari suoni dello strazio che si consuma nel campo, nella vicende quotidiane della famiglia la luce fredda accompagna la geometricità rigida delle inquadrature spesso fisse, all'interno delle quali entrano ed escono i protagonisti in tutta la loro tranquillità. Lì dove qualcuno ha letto un eccessivo manierismo nella ricerca estetica fine a se stessa, come anticipato io ho personalmente colto la volontà di sottolineare rigidità e freddezza delle persone coinvolte nella persecuzione agli ebrei, in modo che dal contrasto emerga forte il messaggio che evidentemente si vuol mandare.

Un ottimo cast incarna questa spiazzante freddezza nonchè idee e parole sul tema che raggelano per la loro superficialità, passando anche per i momenti che più preoccupano le vite dei protagonisti in quanto solo legati alle loro vite personali.

Spiazzante e originale come tutto il resto il balzo temporale nel finale del film.
:05:
 
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view post Posted on 18/4/2024, 08:56
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~E adesso cercate di sognare, solo chi sogna può volare~

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Il Dottor Alí su Real Time,amo la storia di questo giovane medico autistico che pian piano riesce a relazionarsi con gli altri,quell'ospedale è tutto un mondo di storie personali(di medici e pazienti),sentimenti ed emozioni,e Alí trova lí dentro un sacco di nuovi amici,tra cui Ferman che sarà per lui un nuovo fratello(dato che il fratellino maggiore era morto da bambino),mentre Abdil,il padre adottivo,lo considera un figlio,sostenendolo e amandolo comef fosse figlio suo. Una bellissima storia genuina che trasmettono ogni sabato sera su Real Time,i miei genitori la amano e ogni sera sabato facciamo tardi solo per vederlo,pur dovendo la domenica dopo andare a Messa e quindi alzarmi presto,per me ne vale la pena❤
 
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